sabato 21 dicembre 2019

BUON SANTO NATALE A TUTTI


giovedì 14 novembre 2019

TURISMO DELLE RADICI, TURISMO DI RITORNO…E’ IL GRAZIOSO E PIACEVOLMENTE GUSTOSO MODO DI DIRE: “IO HO RADICI ITALIANE”… di Diego Scarbolo

TURISMO DELLE RADICI, TURISMO DI RITORNO…E’ IL GRAZIOSO E PIACEVOLMENTE GUSTOSO MODO DI DIRE: “IO HO RADICI ITALIANE”…

di Diego Scarbolo

E ancora: perché ne vale la pena? Come si fa? Dove si fa?...sono solo alcune domande ineludibili…

Va detto -subito- che Turismo (parto da un posto e ritorno nello stesso posto da cui sono partito) è da meglio coniugare con la parola turismi(turismo responsabile, t.culturale, t.sociale, t.sostenibile,t.ecologico, t.enogastronomico, t.archeologico,t-archeologia industriale,t.lento,t.slow food,t.salute,t.medico,t……..ecc…)

Ed inoltre qui interessa partire dal termine ITALICI come parola, come concetto e come esperienza di vita che riguarda nel mondo, secondo autorevoli stime, condotte dallo studio di ricerche coordinato da Piero Bassetti, già primo presidente della Regione Lombardia e relatore sull’argomento alla sede dell’ONU a New York, circa 250 milioni di persone.

Per Italici intendiamo coloro i quali hanno radici di sangue (ricordo che sono solo le piante ad avere le radici non le persone umane) generazionali totali o almeno parziali con nati in Italia, radici culturali con l’Italia (ad es. non c’è direttore di museo d’arte importante nel mondo che non abbia soggiornato parte della sua vita e imparato la nostra lingua in Italia…) radici sociali ( ad es. essere parte acquisita di famiglie allargate italiane) radici religiose (frutto di maturazione nei monasteri italiani e a Roma centro millenario della cattolicità universale) radici giuridiche (il diritto nella lingua della antica Roma è ancora ineludibile per la comprensione giuridica erudita della articolata umanità tutta…)…

Ecco turismo delle radici, ecco turismo di ritorno in Italia del Nord, Centro e Sud le TRE vere macroregioni italiane articolate con lingue e tradizioni famigliari e di famiglie allargate e di fratellanza e di cooperazione e di aspirazioni alla pace, alla libertà ed alla democrazia ….si distinte ma mai separate dall’amore di Patria e da un sano patriottismo.

Tradizioni culturali nel senso di erudizione, nel senso pedagogico, nel senso di modi di vivere, di usi&costumi tra cui la enogastronomia….quale è il vino tipico italiano?...le terre italiche si estendono dalla cima dello Stelvio sino all’isola di Pantelleria, in pieno mare mediterraneo…ebbene di vini tipici ne abbiamo migliaia! …così come migliaia sono i nostri tipici piatti di pasta…ecc…e così è TUTTA da vedere, ascoltare, toccare, odorare, gustare la nostra unità linguistica dentro le nostre diversità del tutto particolare ed uniche italiane.

Solo quando l’amore del fare “tabrocca” si ha un Capo-Lavoro ed “i nostri” sono riconosciuti come Patrimoni Ereditari Culturali dell’Umanità Intera-Unesco.

Come si fa a far vedere, ascoltare, toccare, odorare, gustare ed in questo caso risvegliare nel profondo le radici italiane ? a chi e come rivolgersi? Ecco gli animatori culturali ambientali (ACA) persone preparate il cui amore per la propria città, provincia, regione, ed Italia tutta tende a traboccare rendendosi così percepibile e conseguentemente percepita dal turismo delle radici, turismo di ritorno…

Da qui nasce il bisogno-vero di confrontarsi-davvero in profondità su basi di sana conoscenza della emigrazione italiana vecchia e nuova che riguardava e riguarda, ancora oggi, il mondo intero.

La padronanza delle essenzialità del Presente, dell’Oggi, implica una padronanza -sostanziale del nostro Passato, della nostra ricca ed articolata ultramillenaria Storia.

Va preso atto che le nostre Tre sostanziali macroregioni quella del Nord con la sua corona alpina si relaziona, da sempre, con il centro europa; quella Centrale con Roma (riferimento ineludibile da sempre della cattolicità mondiale) ponte tra i due mari Tirreno ed Adriatico ed il Sud che è - rimane e rimarrà- il vero “Molo” dell’intero Mediterraneo che non può non avere: un grande futuro.

E se non se ne farà Nulla del turismo delle radici, del turismo di ritorno? Vorrà dire che saremo più poveri, tutti, nessuno escluso.

Sappiamo bene che ricco è molto, molto di più di avere tanto denaro e la nostra cara e bella Italia, con tutta la sua lunga meravigliosa storia, ce lo mostra in continuo, testimoniando che solo chi padroneggia il Passato può padroneggiare il Futuro.

Ma il discorso non finisce e non può finire qui. Molto rimane da da dire, da ragionare e da mettere in atto . Assieme, nessuno escluso.

Si qui, in questo tempo, siamo solo all’antipasto.

venerdì 10 maggio 2019

Diego Scarbolo Intervento al Museo Nazionale di Cividale del Friuli (UD) sul Prof. Amelio Tagliaferri: " UNA CULTURA NUOVA PER UNA CIVILTA' EUROPEA NUOVA"



AMELIO TAGLIAFERRI: “Una cultura nuova per una civiltà nuova”

La forza dell’ereditarietà culturale delle genti Longobarde in Italia ed Europa. Storico, promotore della valorizzazione del Patrimonio Ereditario Culturale della Umanità Longobardo –Unesco- a partire da Forum Iulii&Brixia.

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Io sono Diego Scarbolo, con radicidisangue friulane, ed il mio mentore è stato il prof. Amelio Tagliaferri.

Uso Mentore come parola (di guida oltre i limiti), come concetto (va oltre il maestro), come esperienza di vita ( un rapporto fecondo di verità).

Tutta la Sua famiglia, che ha avuto residenza per un lungo periodo a Brescia, è sempre stata in rapporto di vera amicizia con la mia che risiedeva a Brescia già dalla fine degli anni quaranta.

Io ho seguito “il Professore” da ragazzo poi laurea in economia, master postuniversitario ENI in tecnologie avanzate, esperienze in gruppi industriali profit-oriented e nelle organizzazioni nonprofit….sino alla Sua prematura e compianta fine.

Sono stato il primo Presidente della Associazione Longobardia assieme a Bruno Cesca, Luigi Bandera , Gianbattista Muzzi, Franco Fornasaro e scrivo queste righe non dal punto di vista della Sua produzione scientifica che conta più di 160 lavori e che così bene lo ricorda il prof. Tommaso Fanfani ( già ordinario di Storia Economica Univ. Pisa) :

"... Amelio Tagliaferri, l'uomo che fu il mio Maestro, che mi avviò alla Storia Economica e che resta per me un punto di riferimento preciso, oggi come ieri." "...amava la storia allo stesso modo del suo Maestro, Amintore Fanfani... vale a dire teorizzatore della centralità dell'uomo..." "..il 14 ottobre 1963 Amintore Fanfani gli scrive una lunga lettera e lo consiglia a trovarsi, dopo la morte di Bognetti, un altro Maestro, per ""proseguire i tuoi studi -dice- con il necessario appoggio, per non lasciarli nel puro campo delle soddisfazioni dilettantistiche, come io sto facendo con la pittura.""".

Scrivo -come primo presidente della Associazione Longobardia- queste righe a testimonianza delle Sue intuizioni sul Patrimonio Ereditario Culturale della intera Umanità delle genti Longobarde e sulla ineludibile opportunità metodologica “interdisciplinare”. il prof. Polese, (già associato di storia economica alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Udine), ricorda, anch’esso, nei suoi scritti in memoria del Prof. Amelio Tagliaferri, “la Sua insitenza sulla "interdisciplinarietà" ed "interculturalità"... nella ricerca costante di cogliere l'essenza dei fenomeni esaminati….”.Si deve ricordare che il Tagliaferri affascinato dalla civiltà longobarda ne diverrà uno dei più autorevoli esperti al mondo e organizzerà nel 1990 la grande mostra internazionale sulla civiltà longobarda

("I LONGOBARDI:grandezza e splendore di un popolo d'Europa"), l'evento culturale di richiamo mondiale che rappresenta la sintesi di una vita dedicata alla ricerca sui longobardi, alla loro organizzazione economica, civile e produttiva.

Quando parlavo con il Professore dei percorsi storici dei Longobardi mi ricordava la storica Enciclopedia Treccani al volume XXI in cui si spiegava bene, a pag.419, cosa fosse la LONGOBARDIA:

“….il nome discende dal medioevale LONGOBARDIA …e corrisponde all’insieme dei territori italiani occupati o dominati dai Longobardi…ma Longobardia valicava gli attuali confini dell’attuale Lombardia tanto che all’epoca di Dante Lombardo fu sinonimo di italiano”.

Ma sono anche Presidente del gruppo del Ctg (www.CTG:IT) Centro Turistico Giovanile Longobardia (www.ctg-longobardia.it) e devo ricordare il ruolo del Ctg anche quando si parla e argomenta su siti e beni Patrimoni Ereditari Culturali dell’Umanità-UNESCO. Ruolo che si nutre del suo radicato patrimonio culturale e che si estrinseca nella “capacità di concorrere a gestire assieme, consapevolmente, progetti complessi”…l “Tutto” assieme, in questo progetto, con altri importanti nazionali organismi associativi del turismo sociale quali il CTS, ACLI, UISP, AICS e ARCI.
E così oggi possiamo e dobbiamo lasciar parlare i fatti documentati e realizzati:

-A pagina 7 (sette)e 8 (otto) del Piano di Gestione della candidatura a Patrimonio Ereditario Culturale della Umanità -UNESCO- già depositato nel 2008 a PARIGI presso la sede mondiale UNESCO dal Ministero e dei Beni Culturali e Ambientali Italiano e sottoscritto da 5 (cinque) Regioni Italiane (FRIULI, LOMBARDIA, UMBRIA, CAMPANIA, PUGLIA) , 6 (sei) Province (UDINE, BRESCIA,VARESE, PERUGIA, BENVENTO, FOGGIA) , 8 Amministrazioni comunali (CIVIDALE DEL FRIULI, BRESCIA, CASTELSEPRIO-VARESE,CAMPELLO,SPOLETO, BENEVENTO,MONTE SANT’ANGELO) 1 Ente parco, 2 Comunità Montane, 3 Enti ecclesiastici, 2 Fondazioni pubblico-private, 2 Centri di studi, ben 19 Uffici territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali (Direzioni Regionali e Soprintendenze) si legge:
“”Unita a Cividale dal filo logico della matrice longobarda e dalle due grandi mostre internazionali sulla storia dei Longobardi, la città di Brescia sin dal 2003 aveva avanzato proposte di collaborazione a livello delle associazioni di promozione del turismo sociale ( ndr di Brescia Pres. Luigi Bandera e di Cividale del Friuli (UD)-Friuli Presidente Bruno Cesca). Nel corso del 2005 i Presidenti dei Forum delle Associazioni di Promozione del Turismo Sociale di Brescia (ndr Luigi Bandera)e Cividale (ndr Bruno Cesca) sottoscrirono l’atto costitutivo della “Associazione Longobardia”(ndr Primo Presidente Diego Scarbolo) con lo scopo di dar vita a un sistema turistico integrato a “rete”, destinato a coordinare le realtà firmatarie anche ai fini dell’avviato iter di candidatura, ma anche a costituire nel tempo una più ampia rete europea “Longobardia - Regione virtuale Europea”, un “corridoio geoculturale europeo” che unisca i siti di matrice longobarda dalla Scandinavia al mar Ionio, seguendo il cammino nella storia dei popoli Longobardi. Nel 2006 furono avviati i lavori per la predisposizione della candidatura, comprendente all’inizio i soli centri di potere longobardo presenti nel nord Italia (Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio). Con il procedere dei lavori si sentì l’esigenza di estendere la candidatura ai luoghi delle più importanti “sedi di potere e di culto” delle aree dell’Italia centro-meridionale (Spoleto (PG), Campello sul Clitunno(PG), ‑­Benevento e Monte Sant’Angelo-FOGGIA-), ai fini di comprendere in un unico Sito seriale le maggiori testimonianze della cultura longobarda …””

Insomma: è la nostra Storia. I longobardi non sono tornati indietro in Scandinavia. Sono rimasti qui. Nella nostra e cara Italia. Siamo Noi.

Inseriti nel Piano di Gestione ecco il Ctg che hanno palesemente segnato l’iscrizione all’UNESCO della “Italia Langobardorum. Centri di potere (568-774 d.C.)” il cui esito favorevole è stato nel 2011 e che segnano la fecondità della attiva presenza del Ctg-centro turistico giovanile: Norberto Tonini (past President Ctg e Presidente Mondiale del BITS e membro del Comitato Mondiale ONU di Etica del Turismo con sede a Roma),Bruno Cesca (attuale segretario del comitato di gestione e infaticabile motore della candidatura), il sottoscritto Diego Scarbolo Presidente della Associazione Longobardia, Cassina Rolando Presidente del Ctg di Cividale del Friuli (UD).

Cosa si voleva e si vuole dire…con la dizione “Regione Virtuale Europea nel Corridoio Geoculturale Europeo LONGOBARDIA” ?

Che l’Europa non è una fortezza monetaria con l’“EURO “ la cui base, tra l’altro, è virtuale, cioè slegata dai singoli Stati.

Ma che l’Europa , affondando su storiche millenarie radici-di.sangue, è un crocicchio di una pluralità di Storici Corridoi Geoculturali . Ed inoltre vuole dire promuovere tra gli “Europei”, sia tra i giovani che i diversamente-giovani, l’ “incontro” sia nel viaggio fisico sia nel viaggio nel “SESTO CONTINENTE DIGITALE” (secondo la dizione del Santo Padre Benedetto XVI) per “umanamente-relazionarsi”.

Relazioni, anche tra Associazioni Europee, sui temi che caratterizzano la nostra epoca. Quali la nuova realtà del ruolo della Donna europea; sui Beni Comuni di tutti e di ciascuno che ormai non sono solo Acqua, Aria, Suolo ma lo stesso web, la moneta…; sulla Nonviolenza - scritta tuttattaccata-; sul Lavoro (parte essenziale della vita della donna ,dell’uomo e della loro famiglia)e archeologia industriale (Liberi a Tempo Pieno!).

Il “tutto” dentro la adozione di una misurazione che chiamiamo “rendicontazione evoluta in digitale” che significa non basarsi solo ed esclusivamente sui termini monetari ma anche di costi-Benefici/Efficacia. Insomma una rendicontazione e misurazione del nostro fare comune che segni in modo riconoscibile il nostro grado di cura nella sana coltivazione e sana gestione del Capitale della Società di donne, uomini e loro famiglie nella sua interezza. Aperta alla “Vita”. Tendendo a escludere proprio: Nessuno!

In definitiva concorrere sia singolarmente, che in particolare in modo associato, dentro i nostri patrimoni ereditari culturali, a creare per la nostra cara Europa: una Cultura nuova per una Civiltà nuova.

Ecco cosa diceva Gothe davanti al ponte delle torri a Spoleto (PG)

“L'arte architettonica degli antichi e' veramente una seconda natura che opera conforme agli usi e scopi civili...e adesso soltanto sento con quanta ragione ho sempre trovato detestabili le costruzioni fatte a capriccio...un nulla che serve a nulla...e cosi' dicasi di mille altre cose, cosi' tutte nate morte, perche' cio' che veramente non ha in se’ una ragione di esistere non puo' essere grande ne' diventare grande”.

Così mi parlava il “mio professore” così voleva dire e lo ha detto sia con le Sue geniali intuizioni sia con Altre che divengono realtà quando la realizzazione diventa esperita come la acquisizione nel 2011 del Patrimonio Ereditario Culturale delle Genti Longobarde a Patrimonio ereditario Culturale della Umanità intera -Unesco-

Ma non è chiuso il ciclo Longobardo senza la acquisizione in corso del Corridoio Geoculturale Europea Longobardia che segna davvero l’avvio per l’Europa tutta di una cultura nuova per una civiltà nuova a cui teneva così tanto il mio grande -italiano vero- prof. Amelio Tagliaferri tanto da fare nel 1990 ben trentanni fa la mostra dal titolo”I Longobardi Grandezza e Splendore d’Europa”.

A lui va il mio grazie di cuore per l’insegnamento a sempre cercare di camminare nella verità sotto questo bel sole e sotto questa bella pioggia sino a quando il nostro caro e buon Dio lo vorrà.

mercoledì 24 aprile 2019

CIVIDALE DEL FRIULI(UD) ven.10 maggio 2019: "UNA CULTURA NUOVA PER UNA NUOVA CIVILTA' EUROPEA. Amelio Tagliaferri: L'EREDITA' CULTURALE" Interverrà Dr Diego Scarbolo

INTERVERRA' IL PRESIDENTE DR DIEGO SCARBOLO

"AMELIO TAGLIAFERRI 
ISPIRATORE DEL CORRIDOIO GEOCULTURALE EUROPEO LONGOBARDIA"

domenica 14 aprile 2019

Psicoterapia e carattere: La moderna psicoterapia applicata all’educazione, all’autoeducazione e all’assistenza spirituale di FRITZ KÜNKEL


La prima regola per l'autoeducazione dell'uomo va quindi così formulata:

[1ª regola] Renditi conto che sei contemporaneamente soggetto oggetto, che sei libero e responsabile, che non puoi sottrarti alle conseguenze della tua condotta e che devi portare le conseguenze anche della fuga dalle conseguenze.
[2ª regola] Chi soffre deve chiedersi perché e in che modo cerca di sottrarsi all’alternanza vitale di essere soggetto e oggetto e se cerca di essere in troppo alto grado solo soggetto o solo oggetto. E deve sforzarsi di trovare la via per la quale possa nuovamente arrivare ad essere armonicamente l’uno e l'altro: deve cercare la via della responsabilità.
[3ª regola] Se tu fai di un uomo (che si tratti di te stesso o di un altro) l’oggetto del tuo studio e della tua influenza, non dimenticare mai che egli è più che un semplice oggetto: che è un soggetto inconoscibile, imprevedibile, libero e creatore.
[4ª regola] Non si chieda da che cosa, da quali cause sia determinata l'attività dell'uomo; ma per che cosa, al servizio di quale fine l'uomo si comporta in un certo modo.
[5ª regola] Ci si opponga a quella che si ritiene sia l'immagine direttrice e dalla reazione più o meno violenta si riconoscerà immediatamente se si è colpita l'immagine giusta, e con quale tenacia viene difesa. Quanto meno l'immagine direttrice è rigida, tanto più fiaccamente saranno respinti tali attacchi.

6ª regola] Non combattere separatamente le singole linee direttrici, ma cerca d'individuare l'immagine direttrice di cui sono al servizio e convinciti che l’uomo o si trasforma per intero o non se ne fa niente, perché l’uomo è un essere unitario.

[7ª regola] Di fronte a fatti contrastanti chiediti sempre a che fine servano, cerca di determinare il loro scopo comune e troverai l’immagine direttrice alla quale servono come mezzi, diversi secondo le diverse circostanze della vita. Ma se invece non riesci a trovare quello scopo unitario, vuol dire che tu chiudi ancora gli occhi dinanzi alla verità, che non hai il coraggio di fissare la smorfia diabolica dell'uomo, perché ti manca la fiducia e perché non credi fermamente che dietro tutte le contraddizioni si cela l’unità e che dietro tutto il male c'è il bene.
[8ª regola] Ogni ambivalenza, si rivelerà come un'illusione di ambivalenza; si cerchi dietro obiettivi, apparentemente in lotta, il fine ultimo realmente operante (anche se inconscio) e si vedrà che anche l’apparenza ambivalente non è che un mezzo al servizio dell'immagine direttrice
[9ª regola] Non lagnarsi del dilemma, ma agire, anche a rischio di commettere degli errori o di provocare delle crisi. Meglio un passo falso che niente. Ma la vita è così organizzata che un passo che per uno è giusto non può essere falso per il prossimo.
[10ª regola] Vigiliamo affinché l'egotelismo in cui cadono i bambini s'irrigidisca il meno possibile. Si cerchi di mantenere il più possibile l'originaria fiducia, l'originario coraggio e l’originario finalismo (universale) del bambino. Si risparmino al bambino lodi e rimproveri e si eviti la formazione di fini particolari. E se si sbaglia, non si dia la colpa al bambino, ma al proprio egotelismo.

[11ª regola] Non ci si preoccupi di affermare la propria autorità e superiorità. Non ci si preoccupi nemmeno dell'isolamento del bambino né si vada mendicando la sua amicizia. Si rimanga obiettivi, si eserciti una critica amichevole e serena, mettendo in chiaro la situazione reale, sia interiore che esteriore, con le parole per i più grandi, con gli atti per i più piccini affinché appaia l'insensatezza ed il ridicolo della lotta per la supremazia. N on si risparmi nulla al bambino e gli si lasci trovare da sé la via del ritorno a un comportamento obiettivo. E se non si riesce nello scopo, non si cerchi il difetto nel bambino, ma nel proprio egotelismo.

[12ª regola] Non si permetta mai al bambino di sottrarsi alla propria responsabilità e alle conseguenze delle sue azioni. Non si prendano perciò in vece sua quelle decisioni che egli stesso può prendere; lo si lasci scegliere da sé i suoi giochi, fare le sue scoperte e le sue esperienze. Ci si guardi bene tanto dal viziarlo che dall'intimorirlo, altrimenti diventa troppo sottomesso. Se si ha un bambino sottomesso, si cerchi con incrollabile fermezza, pazienza e cordialità di portarlo ad agire di sua iniziativa. Lo si ponga di fronte a doveri imposti non dagli uomini ma dalle cose stesse. E se non riusciamo a dargli il senso della responsabilità, non diamone la colpa al bambino, ma al nostro egotelismo.
[13ª regola] I compiti scolastici siano tali da non scoraggiare il bambino. Non siano né troppo difficili, affinché non sia umiliato da un inevitabile insuccesso, né troppo facili, affinché non ne sia annoiato. Ma innanzitutto fare in modo che i compiti non appaiano un male necessario, bensì un dilettevole passo dello sviluppo personale. E se ciò non riesce, si cerchino le cause dell’insuccesso non nei programmi o nelle prescrizioni dell’autorità scolastica, ma nella propria mancanza di produttività e ci si sforzi di ritrovare la perduta fiducia nella vita.

[14ª regola] Chi ha a che fare con scolari indisciplinati si comporti in modo che essi da un lato sopportino le conseguenze della loro indisciplina (dovranno ad es. rifare i compiti trascurati, uscire dall’aula, ma non perché il maestro è cattivo, bensì perché devono essere tutelati gli interessi della collettività), ma dall’altro sentano non solo la piena simpatia, ma anche la piena comprensione dell'educatore. Egli deve spiegare loro perché sono ribelli, qual è la loro immagine direttrice e perché è falsa; e chiarire che egli non può né ammirare, né odiare, né temere uno scolaro che sbaglia, ma che il suo unico scopo è di dimostrargli come siano vani tutti i tentativi dell’uomo di sottrarsi alla propria responsabilità.
[15ª regola] Nel caso di un ragazzo apatico bisogna scoprire il fine, altissimo, al quale l'apatia serve come mezzo. Non appena il ragazzo si accorge che la sua pretesa apatia non è che una maschera, e che questa maschera è controproducente in quanto provoca proprio ciò che dovrebbe evitare, cioè l'insuccesso, e non appena il ragazzo s'accorge che si trova di fronte un uomo che non deve temere perché lo prende sul serio, allora la maschera d'indifferenza cade rapidamente e per sempre. E finché questo non riesce, l'educatore deve chiedersi in che modo il proprio egotelismo (l’egotelismo dell'educatore) impedisce al bambino di essere ad un tempo soggetto e oggetto.
[16ª regola] Quando l'educazione sessuale non può più svolgersi in modo semplice e innocuo, non si tratta più ormai di far conoscere i fenomeni sessuali, ma di eliminare gradualmente l’abuso che ne viene fatto. L’iniziazione in sé non presenta in tali casi alcuna difficoltà; ma ridare al bambino coraggio e fiducia unico mezzo per por fine alla sua lotta contro gli adulti è difficile qui come in ogni altro campo. E anche qui ogni insuccesso dev’essere attribuito alla mancanza di coraggio e fiducia nell'educatore.
[17ª regola] L’auto-soddisfazione sessuale non è un indice di perversione, ma semplicemente di scoraggiamento. Non si tratta di ricondurre l'istinto sessuale sulla giusta via, ma di ridare al ragazzo coraggio e fiducia; dopodiché la sua funzione sessuale rientrerà da sé nella normalità. Egli deve imparare a sopportare la depressione e la tensione e a non lasciare che gli insuccessi intacchino la sua dignità umana. Allora avrà altrettanto poco bisogno dell’auto-soddisfazione sessuale che dell'alcool o del fumo. E l’educatore che non è in grado di risolvere questo problema deve chiedersi quali ostacoli egotelici impediscono l’estrinsecarsi della sua propria vitalità creatrice.

[18ª regola] Le oscillazioni, l'aumento o la diminuzione del coraggio e della vitalità che si notano nel periodo della pubertà possono sempre venir utilizzati per l'inserimento del giovane nella società umana. Il nuovo senso sociale deve potersi sviluppare liberamente e apertamente in un rapporto fondato sull'amore, chiaramente riconosciuto e accettato con responsabilità, fino al fidanzamento ed infine al matrimonio. Chi ostacola questo sviluppo, non fa che favorire lo smarrimento nelle forme contrarie alla vita dell’erotismo solitario e del dongiovannismo avventuroso. Chi ha timore di guidare l’evoluzione dei giovani in modo che imparino ad amare pur rinunciando per il momento all’esperienza fisica dell’amore, costui cerchi in se stesso il difetto e l’errore.

[19ª regola] Chi soffre deve chiedersi non da quali circostanze esteriori, ma da quale falso atteggiamento interiore sia condizionata la sua sofferenza. Cerchi la relazione tra questa sofferenza ed il proprio egotelismo. Più chiaramente egli scoprirà questa relazione, più facile gli sarà eliminare il male. E se i suoi sforzi non riescono, deve riconoscere di non avere idee chiare su questa relazione. Chi si arena a questo punto, non ha sofferto abbastanza.

[20ª regola] Chi è egotelico lo è tanto nelle grandi attività che nelle piccole cose della vita quotidiana. Dall'influenza esercitata sugli altri in una semplice conversazione può riconoscere altrettanto bene che dal risultato finale di tutta la sua vita, se è un commediante che fa bolle di sapone oppure un lavoratore obiettivo. Né il proprio giudizio né il giudizio degli altri possono essere decisivi a questo riguardo. L’unico criterio valido di giudizio è l’aumento o la diminuzione dell'egotelismo di coloro con cui ha a che fare. Se si riesce a diffondere attorno a sé l’obiettività si può ritenere di aver ridotto il proprio egotelismo; se l’egotelismo degli altri aumenta, ne ha colpa la propria mancanza di obiettività. I frutti che produciamo sono lo specchio nel quale possiamo leggere il nostro destino: a meno che il troppo egotelismo non c'impedisca anche questo, rendendoci ciechi.

[21ª regola] Chi si sorprende nel tentativo di addossare agli altri la responsabilità del proprio destino, cerca ancor sempre di prendere come oggetto dell’analisi di se stesso dei fenomeni parziali anziché il proprio destino totale. Egli deve sforzarsi di passare dalla parte al tutto, dal « se » al « che », dalle condizioni del passato ai compiti del presente e dalle immagini direttrici alla realtà del suo vero volto. Se ciò non riesce, significa che la morsa del destino non lo ha ancora veramente afferrato. Egli deve aspettare, finché il crescente dolore lo spinge a rinunciare all’auto-inganno del proprio egotelismo.

[22ª regola] Chi cade in una situazione difficile e ne ritiene responsabile il proprio ambiente - uomini e cose - deve chiedersi perché mai non sia egli stesso in grado di cambiare questi uomini e queste cose oppure di assumere un atteggiamento tale da far sparire le difficoltà. E soprattutto quando la responsabilità viene attribuita a un inconveniente del passato ci si deve chiedere perché non si abbia sufficiente capacità di adattamento e forza creativa per trasformare questo inconveniente in un vantaggio. Chi in tal modo procede con costanza contro il proprio egotelismo, trova alla fine che la colpa non è meno sua che degli altri. Così la sua personale infelicità diventa una parte dell'universale sofferenza umana. Passato e presente sono disintossicati. Ma ogni individuo risponde degli errori di tutti; e le energie che non si esauriscono più in una vana accusa contro il destino, restano libere per cooperare al miglioramento del nostro comune destino.

[23ª regola] Un passo importante (tuttavia non indispensabile) dell’autoeducazione consiste nella scoperta della “scena d’origine”, che è un'espressione simbolica dell'immagine del mondo del bambino e il punto di partenza dell'immagine e delle linee direttrici. L’elaborazione interiore dell’egotelismo (sentimento d'inferiorità e bisogno di affermazione del proprio valore) trova in essa la sua materia vitale. La scoperta di queste “esperienze” di accentuato carattere affettivo facilita in alto grado il superamento dell’egotelismo. Però questa scoperta è possibile soltanto se si riesce a sconfiggere le resistenze egoteliche (dubbio, malumore e successo) arrivando alla confessione senza riserve delle connessioni più pericolose per l’egotelismo. Se ciò non riesce, si devono ancora sopportare le conseguenze dell'egotelismo, i tormenti della vita, finché l’io non si arrende.

[24ª regola] Chi ha scoperto le connessioni fra la sua sofferenza e il suo egotelismo ed è pronto ad ammettere la propria responsabilità per il futuro destino della sua vita, non può ancora attendersi senz’altro, come un meritato compenso, la fine della sofferenza, ma deve essere pronto a trarre le conseguenze effettive della sua scoperta e della sua confessione. Egli deve star saldo nella situazione che gli è finora sembrata la più insopportabile. Deve essere ad un tempo soggetto e oggetto, per quanto la vita glielo renda difficile. Solo chi si sottomette alla vita potrà dominarla.

[25ª regola] Non è necessaria soltanto la visione della genesi della sofferenza e la confessione dei propri errori e della propria responsabilità, ma anche l'accettazione serena di tutto quanto è accaduto. Lo si può deplorare, ma non si deve servirsene come di un’arma contro il destino. Un peccato che è stato riconosciuto e confessato in tutte le sue connessioni, non può più servire che come mezzo utile per gli scopi del futuro, come materiale istruttivo per migliorarsi. Immobilizzarsi nel pentimento è un errore come vantarsi dell’errore; l’una cosa e l’altra servono per sfuggire alla vita. L’accettazione non è invece né pentimento né vanto, ma semplice riconoscimento, elaborazione e valorizzazione di uno stato di fatto

[26ª regola] Chi accetta il proprio passato e la genesi dei suoi dolori si trova dinanzi al compito di accettare anche il futuro, come si svilupperà dal suo passato. Deve accettare il fatto di trovarsi, inesperto come un bambino, di fronte a nuovi sviluppi, il cui corso non può ancora prevedere. Deve affidarsi alla corrente della vita creatrice, senza tenere, come finora, il timone ansiosamente stretto nella mano e senza guardare preoccupato la carta di navigazione (falsa). Egli deve rendere i suoi piani per il futuro così elastici e adattabili, i suoi desideri e i suoi fini, anzi perfino le sue valutazioni e idee, così duttili, da poter essere in ogni istante arricchite, ammaestrate e trasformate da nuovi fatti e da nuove esperienze. Accettare il futuro significa accettare anche tutti i possibili mutamenti del proprio carattere. Chi considera un dovere “dimostrare carattere” e intende con ciò di dover rimanere così com'è, compie ancora un altro tentativo, più o meno abilmente mascherato, di mettersi al posto di Dio. Dovrà soffrire, finché la vita non correggerà il suo errore.

[27ª regola] Non basta accettare il passato ed il futuro, ma è necessario in primo luogo dir di sì ai compiti immediati del presente. Tra questi compiti se ne trova però sempre uno che esige proprio quello che prima appariva come la cosa più amara e intollerabile. Di fronte a questo compito si deve tener duro e non sfuggire né a destra né a sinistra. Chi accetta questo compito, progredisce; ma chi non lo vede o non si sente di affrontarlo, non ha ancora sofferto abbastanza. La vita lo deve colpire più duramente, affinché gli si aprano gli occhi ed il cuore.

[28ª regola] Non cercare di imporre a nessuno il tuo aiuto; aspetta di essere chiamato e sii pronto ad andartene anche senza aver ottenuto alcun risultato. Meno importanza dai tu stesso al fatto di essere di aiuto e più hai probabilità di riuscire ad aiutare. Quando la cura non riesce, la responsabilità dell'insuccesso non ricade sul tuo protetto né sulle circostanze esteriori, ma su di te.

[29ª regola] In ogni trattamento psicoterapeutico si trovano di fronte fin dal primo istante due uomini uguali e liberi. Meglio si esprime questo rapporto nel tono o nella forma della conversazione, e più rapidamente il paziente è liberato non solo da ogni finzione consapevole, ma anche da ogni mascheramento inconscio. Meno ha motivo di temere un giudizio morale del suo destino o del suo modo di comportarsi (o di quello dei suoi familiari) e più si comporta in modo naturale e apertamente rivela (coscientemente o inconsciamente) la verità. Il grado di sincerità del paziente dipende dunque dal grado di obiettività del terapeuta.

[30ª regola] Le comunicazioni fatte dal paziente siano sempre ordinate in modo da formare un'immagine del carattere sulla quale ambedue, paziente e terapeuta, siano d'accordo. Ci si serva di tutte le obiezioni del paziente per completarla o correggerla. Anche il suo comportamento attuale, il modo in cui fa le sue obiezioni o accetta senza nulla obiettare le opinioni del terapeuta, devono essere inserite, come fattore importante, nell'immagine del carattere. Se non si riesce a ordinare il materiale raccolto o a raccogliere il materiale necessario, vuol dire che la collaborazione fra paziente e terapeuta non è sufficientemente obiettiva ed il terapeuta deve chiedersi per quali manifestazioni del suo sentimento d'inferiorità o del suo bisogno di affermazione personale il suo lavoro non progredisce

[31ª regola] Si consideri con interesse ogni obiezione del paziente, si cerchi di rendere giustizia ad ogni obiettiva riserva, ma non si dimentichi mai che anche una discussione in sé giustificata può servire ad arrestare il proseguimento della cura o a spostare la conversazione su un teatro di guerra secondario. Si metta in chiaro questa utilizzazione tendenziosa delle obiezioni teoriche e le si ponga così al servizio dell'idea fondamentale della cura. Se tuttavia ci si lascia sviare e specialmente se il paziente riesce a fissare la discussione su un campo particolare in cui il terapeuta non è competente, questi deve chiedersi quale punto di vista non obiettivo da parte sua ha causato questa deviazione.

[32ª regola] Quanto più le resistenze del paziente si manifestano con cambiamenti d'umore, dei quali è tenuto responsabile il terapeuta, tanto più la cura tende ad inasprirsi in una controversia personale fra i due interessati. Tutti gli errori e le violenze che caratterizzano l’atteggiamento del paziente di fronte alla vita, si rivelano ora chiaramente nel suo atteggiamento di fronte al terapeuta. Il paziente li supererà tanto più rapidamente, quanto più obiettivamente il terapeuta li saprà illuminare. Invece ogni mancanza di obiettività da parte del terapeuta ritarda di molto la guarigione.

[33ª regola] Poiché ogni uomo scoraggiato ha verso gli altri delle false esigenze, viene il momento in cui queste esigenze compromettono anche i suoi rapporti col terapeuta. Allora è necessario mettere in chiaro la loro natura, la loro origine, la loro fondatezza o infondatezza, finché il paziente si è adattato, sotto questo riguardo, alla realtà. Il successo sarà tanto più rapido e decisivo, quanto più l'atteggiamento del terapeuta sarà obiettivo nei momenti decisivi.

…Via …più feconda, della verità, cioè il fatto che dobbiamo sopportare insuccessi, sconfitte e dolori, per trarne insegnamenti e maturarci..
Riassumendo si può dire: poiché il trattamento per suggestione può servirsi solo di elementi positivi, mentre la verità comprende elementi positivi e negativi insieme, non si può servirsi della verità come mezzo di suggestione. La guarigione però non si può ottenere che per via della verità; dunque la suggestione, che necessariamente implica sempre una menzogna, non può portare la guarigione. (pag.85)

Per il problema della suggestione vale la seguente regola:

[34ª regola] Si cerchi di evitare il più possibile ogni forma di suggestione, e non si lasci sorgere nemmeno l’idea che la guarigione sia effetto di suggestione. Si cerchi di dimostrare al paziente che in ogni sua idea esprimente qualcosa del genere si nasconde il desiderio di sottrarsi alla propria responsabilità. Ma se il paziente ha ragione, se effettivamente si sono avute delle suggestioni (il che è rivelato dal riapparire di vecchi sintomi o dal sorgere di sintomi nuovi, prima sconosciuti) ci si chieda quando e perché il proprio bisogno di affermazione abbia imposto al terapeuta la parte del suggestionatore.
[35ª regola] Se lo psicoterapeuta non riesce a far comprendere al paziente il vero rapporto esistente fra cura e guarigione, vuol dire che egli (psicoterapeuta) non ha ancora raggiunto una completa obiettività. Finché il paziente ritiene che la psicoterapia agisca come una causa il cui effetto necessario debba essere la guarigione, il compito psicoterapeutico non può considerarsi assolto. Solo quando si rende conto che la psicoterapia non è che un mezzo di cui i fini vitali che agiscono nell'uomo possono servirsi quando e come vogliono, quando cioè capisce che guarigione significa grazia, si può sperare che si avvii alla guarigione.

[36ª regola] Non dimenticare mai, né nell'autoeducazione né nella educazione degli altri, che noi con nessun mezzo possiamo conquistare a forza il progresso, la guarigione o la maturazione psichica. Noi possiamo soltanto impedire la maturazione con un comportamento errato o, con un giusto comportamento, cercare di rimuovere gli ostacoli che ancora ostruiscono la strada. Ma se crediamo di aver rimosso tutti gli ostacoli e non otteniamo ugualmente la guarigione, vuol dire che siamo in errore. Vi sono ancora altri ostacoli, e noi siamo ancora nella morsa del destino: o continuiamo a lavorare per rimuoverli, o non abbiamo ancora abbastanza sofferto.

sabato 30 marzo 2019

REGIONE LOMBARDIA: Sostegno Candidatura al Premio Rosa Camuna del Sig.Per.Ind. Daniele Marconcini.

BRESCIA PATRIMONIO EREDITARIO CULTURALE LONGOBARDO DELLA UMANITA'-UNESCO-















Conoscoda molti anni,il Sig. Daniele ed è difficile condensare 
adeguatamente in brevi note una candidatura così di grande
prestigio. Sono -davvero tanti- gli anni in cui, con innegabile
abnegazione e passione,  il Sig. Daniele ha "sviluppato" sia
"Mantovani nel Mondo" che i "Lombardi nel Mondo" distinti
ma -mai- separati dagli "Italiani nel mondo".

Io voglio testimoniare il Suo impegno, sia come persona singola
che associata,  di operosità in "Tutto il Mondo".
E, per quello che mi riguarda direttamente con tutta la mia
famiglia, singola ed allargata, posso -di tutto cuore- 
testimoniare di avere visto, ascoltato e toccato-con-mano lo 
spessore della fecondità del Suo lavoro (davvero nonprofit)
in particolare negli USAMessico e soprattutto in Australia
sia con riguardo alla vecchia che alla nuova immigrazione.
Infatti: ho la mia terza figlia, Sofia (34), lombarda, con il suo
piccolo e mio nipotino Leonardo (4) da anni entrambi residenti
Sydney (Australia) e che frequentiamo annualmente.

Non solo siamo in presenza di una feconda operatività ma
anche di una originale creatività nel trovare nuove forme
modi di tenere alto il nome della nostra cara Regione 
Lombardia.

Il Suo impegno è, del tutto, fuori dal comune. Con una forza 
personale, ed intelligente abilità, nel superare sia le difficoltà
che nel mantenere le associazioni dentro le forme più evolute,
in digitale, di Information e Communication-Technology.

E ancora:"Sviluppo" delle relazioni che tengono vivi i rapporti
sia "Con" ch"Tra" la "vecchia&nuova emigrazione".
Particolare attenzione ha e dedica alle nuove possibilità di
ritorno dei "Lombardi in Lombardia".

"Sviluppo" associativo che lo "vivenon  intendendolo come
una semplice "crescita" (si vedanole mirabili pagine del 
Santo Padre Bresciano Paolo VI) ma che tiene conto dello
"sviluppo-integrale" della complessa e misteriosa identità
della persona umana singola e associata.

Non si può non ricordare l'attenzione, lo studio ...in relazione
al nuovo "Turismo di Ritorno" ( perchè gli emigrati Lombardi
( ed i loro figli, anche, -ormai- da parecchie generazioni
all'estero)  siano in grado prima di percepire per poter 
capire-davvero nel profondo-cosa significhi avere
ineludibili "RadiciDiSangue Lombarde" -solo le piante
hanno radici-).

Ricordo ancora le promozioni intelligenti, mai banalidentro
la realtà dell'Oggi, del "Made in Lombardy" sempre Distinta 
ma Mai Separata dal "Made in Italy".

Infine, ringraziando per la cortese attenzione, mi corre
obbligo di evidenziare la forza morale che pare inesauribile,
da Lombardo-Vero,contro ogni difficoltà&impedimento
del Sig. Daniele e la Sua apertura all'ascolto attivo, empatico,
alla attenzione&cura delle ragioni argomentate della persona
umana -singola o associata- giovane&diversamente giovane,
nessuna esclusa, con cui in Lombardia, in Italia o nel Mondo,
si venga a trovare difronte nella realtà di Oggi, 
non di ieri, nè di domani.


Dr Diego Scarbolo
Revisore Legale
Pres.Ctg-Longobardia (Erbusco-Franciacorta-BS), Membro Consiglio
Nazionale del Ctg (Centro Turistico Giovanile) -città vaticano-ROMA, 
Pre. Probiviri Ass. Longobardia (motore primo candidatura Unesco
poi ottenuta nel 2011 di BRESCIA e Castelseprio (VA) Cividale del
Friuli (UD) Spoleto e Campello (PG), Benevento e Monte S.Angelo
(FG)), Pres. Collegio Sindacale Forum delle Associazioni del Turismo
Sociale di Brescia (Ctg, Cts, ACLI, Arci, Uisp, AIcs, Arci Ragazzi...)
membro di Movimento Azzurro (Ass. Ambientalista riconosciuta dal
Min. Ambiente Roma, già rappresentante delle Ass. Ambientaliste -
nominato dal Ministero- presso Parco Riserva Marina di Trieste)

martedì 26 marzo 2019

Leonardo Becchetti: "..Abbiamo Bisogno di una Economia-Diversa dall' Attuale che ha Distrutto-il-Pianeta e Aumentato-le-Diseguaglianze..."

IL NOSTRO BENE-ESSERE DEVE VENIRE PRIMA DEL "PIL"..
Il prof. Leonardo Becchetti in una intervista al Corsera:

"...veniamo da un "Sistema" che ha mostrato forti limiti sul fronte delle Diseguaglianze e della scarsa Qualità-del- Lavoro...

...bisogna rimettere al centro la Dignità del Lavoro...

...ci vuole la crescita ma anche il bene-essere...il PIL non può nè deve essere l'unica misura che conta"...

domenica 3 marzo 2019

Più facile per gli imprenditori USA competere nel settore tecnologico rompendo colossi tecnologici dominanti come Amazon, Google e Facebook...ecco il piano di Elizabeth Warren candidata democratica alla Presidenza USA

il web pesa di +.......ma non si sa...
La senatrice Elizabeth Warren  che spera di assicurarsi la nomina presidenziale democratica del 2020, ha svelato la terza importante proposta della sua campagna presidenziale USA.

Un "Piano" per rendere più facile per gli imprenditori USA  competere nel settore tecnologico rompendo colossi tecnologici dominanti come Amazon, Google e Facebook.

"Le grandi aziende tecnologiche odierne hanno troppo potere - troppo potere sulla nostra economia, sulla nostra società e sulla nostra democrazia. Hanno bandito la concorrenza, usato le nostre informazioni private per scopi di lucro e hanno inclinato il campo di gioco contro tutti gli altri ", ha scritto Warren in un post pubblicato su Medium.

"Voglio un governo che assicuri che tutti, anche le più grandi e potenti aziende degli Stati Uniti d'America, rispettino le regole. E voglio essere sicura che la prossima generazione di grandi aziende tecnologiche americane possa prosperare ",

"Per fare ciò, dobbiamo fermare questa generazione di grandi aziende tecnologiche dall'usare il loro potere politico per piegare ogni regola a loro favore e dall'utilizzare il loro potere economico-finanziario per spegnere o comprare ogni potenziale concorrente".

Warren ha promesso il suo sostegno a proposte come la concessione di prestiti agli studenti, Medicare per tutti e il New Deal verde, la custodia universale dei bambini e un'imposta annuale sulla ricchezza per le persone con oltre 50 milioni di dollari ....

Tale ambiziosa proposta ha portato alcuni, tra cui miliardario e possibile candidato presidenziale indipendente Howard Schultz, ad etichettare Warren un socialista, un titolo che lei evita vigorosamente.

La Warren  ha detto a CNBC, l'anno scorso, di credere nel mercato ma: "Quello in cui non credo è il furto, quello in cui non credo è l'imbroglio. Ecco dove sta la differenza. "

I colossi mondiali  del web ormai: "Sono diventati l'infrastruttura per la nostra economia, e se controlli l'infrastruttura e sei anche un concorrente delle aziende che si affidano a quell'infrastruttura, questo è un problema", ha affermato. "È un conflitto di interessi".

  Amazon "routinariamente"utilizza il suo potere come "operatore di piattaforme" per minare la concorrenza nelle aree in cui è anche rivenditore o produttore, elevando determinate società nei risultati di ricerca e seppellendo gli altri.

"Dovrebbe essere in un'economia di mercato che i consumatori scelgano collettivamente quali prodotti e quali aziende riescono, ma sempre più Amazon sceglie chi vince".

martedì 26 febbraio 2019

INDIVIDUO, SOCIETÀ E ISTITUZIONI: COLLABORAZIONE PER IL BENE COMUNE Intervento del prof. Stefano Fontana al Convegno “Un Manifesto per l’Europa”

EUROPA NORD...

INDIVIDUO, SOCIETÀ E ISTITUZIONI: COLLABORAZIONE PER IL BENE COMUNE
Intervento del prof. Stefano Fontana al Convegno “Un Manifesto per l’Europa” febbraio 2019 By editorNOTIZIE DSC

La collaborazione in Europa tra individui, società e istituzioni per il bene comune richiede di esaminare almeno i due concetti di bene comune e di sussidiarietà.
In questo breve intervento mi riprometto di mettere a confronto questi due principi della Dottrina sociale della Chiesa con la loro realizzazione nell’architettura e nella prassi dell’Unione Europea.
Distinguo, come è naturale, tra Europa, processo di unificazione europea e Unione Europea. È sbagliato far coincidere i tre elementi. I due principi del bene comune e della sussidiarietà, così come sono chiariti dalla Dottrina sociale della Chiesa, appartengono all’Europa per natura e per storia, si tratta di vedere se sono stati recepiti correttamente nel processo di unificazione europea e nell’Unione Europea. Se così non fosse se ne potrebbe dedurre che il processo di unificazione abbia eroso elementi importanti di “europeità”, favorendo un europeismo senza europeità, ossia l’europeismo come ideologia.

Per la Dottrina sociale della Chiesa il bene comune ha alcune caratteristiche essenziali. La prima è quella della moralità: non è un concetto quantitativo ma qualitativo, la vita buona di tutti gli europei e di ogni europeo in quanto uomini. Il senso morale dell’espressione è attestato dalla presenza della parola “bene”. A meno di non intendere tale parola secondo significati impropri e riduttivi, essa richiama ad un ordine finalistico a cui corrispondere. Ne consegue che una visione utilitaristica, convenzionale, relativista del bene non è in grado di fondare il bene comune. Questo è il primo punto, ed è, come si vede, veramente fondamentale.

Per la Dottrina sociale della Chiesa il bene comune è quindi un concetto anche finalistico: ecco il secondo punto. È il fine a costituire il bene: senza un fine naturale da raggiungere il bene comune diventa o la somma dei desideri individuali (l’interesse generale) o il bene del potere politico (il bene pubblico). Per sapere cosa sia il bene devo sapere cosa sia l’uomo e quale sia il suo fine, ma è proprio questa la principale debolezza culturale del processo di unificazione dell’Europa che, come scrisse Remi Brague, “è divenuta incapace di dire perché è bene che ci siano degli uomini” e quindi “siamo diventati incapaci di credere nel valore dell’uomo”.

In terzo luogo per la Dottrina sociale della Chiesa il bene comune è analogico e organico. Non c’è un unico bene comune (il benessere collettivo), ma esso si articola nel bene della persone, delle famiglie, delle imprese, delle nazioni e così via … il bene comune è articolato, composito, sinfonico: le giuste relazioni naturali delle parti tra di loro e verso il tutto. Ciò richiede che ogni livello sociale abbia e persegua il proprio bene comune da intendersi come risposta alla propria finalità naturale nell’esercizio delle attività e funzioni a ciò consone. L’individuo vive dentro società naturali (come per esempio la famiglia) ed elettive (come per esempio un corpo sociale intermedio) le quali partecipano alla costruzione del bene comune in senso organico e non nel senso di una pluralità di individui posti di fronte ad un individuo più forte di tutti che è il Potere Pubblico. Oggi i cittadini sono posti davanti allo Stato e davanti all’Unione Europea secondo il medesimo schema: da individuo a Individuo.

Per questo non c’è nella Dottrina sociale della Chiesa il concetto di sovranità, perché ogni realtà sociale agisce secondo i doveri che ha verso l’ordine finalistico che le è proprio, tutte hanno un superiore da riconoscere. Il bene è l’ordine delle cose in quanto aventi un fine naturale da raggiungere. O c’è una natura finalistica delle cose – della persona, della famiglia, dell’impresa, dei municipi, delle aggregazioni sociali, delle nazioni e così via – il cui raggiungimento corrisponde al bene comune, oppure il bene comune è convenzionale, debole, non fondato.

In quarto luogo il bene comune ha una struttura sussidiaria, con il che ci colleghiamo espressamente con l’altro principio che dobbiamo esaminare. Sussidiaria vuol dire solidale secondo l’ordine naturale e finalistico delle articolazioni sociali. Perché la società di ordine superiore deve aiutare quella di ordine inferiore a fare da sé? Perché questa possa conseguire il suo fine naturale e solo per questo. L’aiuto sussidiario è una forma di vera solidarietà. È sbagliato pensare alla solidarietà come qualcosa di diverso a di aggiunto alla sussidiarietà, essa coincide con la sussidiarietà.

L’ultimo elemento del bene comune secondo la Dottrina sociale della Chiesa è la verticalità. Il bene comune non è possibile senza il fondamento ultimo del bene ossia il Bene-in-sé. Se c’è un ordine naturale finalistico che fonda il bene comune, ci deve essere anche un Fine ultimo, senza del quale anche i fini intermedi perdono di significato. Considerato in senso solo umano, il bene comune manca della assolutezza di cui invece ha bisogno e che non sa darsi da solo, come anche pensatori laici come Habermas o Böckenförde hanno evidenziato. Il bene comune è un concetto etico, ma l’etica non si fonda su se stessa perché l’uomo non si fonda su se stesso. Il bene comune richiede un fondamento ultimo trascendente e questo spiega la nota insistenza di Giovanni Paolo II a volere il riferimento a Dio nella Costituzione Europea e il provocatorio invito di Benedetto XVI a vivere come se Dio fosse: etsi Deus daretur.  

“Per credere nell’Europa abbiamo bisogno di credere non solo nell’Europa” (Brague).

Facciamo ora una breve verifica sulla presenza di questi elementi del bene comune e della sussidiarietà nella architettura e nella prassi dell’Unione Europea.

È difficile sostenere che l’Unione Europea assuma il bene comune in senso morale, ossia non in modo funzionale o convenzionale. Forse questo concetto era presente nei Padri fondatori cattolici ma non nel Manifesto di Ventotene, di tipo illuminista.

Oggi l’’ideologia dell’Unione Europea sembra fondarsi unicamente sul principio di autodeterminazione: libertà sganciata dalla verità che non sia una verità convenzionalmente stabilita e quindi funzionale alla liberta; diritti sganciati dai doveri che non siano quelli convenzionalmente definiti e quindi funzionali ai diritti.

Date queste premesse è difficile pensare che quello oggi presente nell’Unione Europea sia un bene comune inteso in senso finalistico. Possiamo dire che l’Unione Europea sia un compromesso tra sovranismi, ossia tra diversi fini arbitrari.
Oggi si usa molto la parola sovranismo per indicare una resistenza ai processi di integrazione sovrastatale in nome della sovranità statale. Non è però l’unica forma di sovranismo. C’è anche il sovranismo delle varie sfere sociali ognuna delle quali si considera sovrana nel suo ordine, c’è il sovranismo degli Stati che si considerano tali nel loro ordine, c’è il sovranismo delle istituzioni europee che spesso impongono se stesse e la propria ideologia ai livelli socialmente sotto-ordinati.

Quello dell’Unione Europea non è nemmeno un bene comune analogico e organico. L’Unione non è una “comunità di comunità” e non ha la struttura articolata e organica dei vecchi imperi. Dal centro promanano molte dinamiche che si alle realtà delle famiglie o delle nazioni uniformandole.

Il bene comune nell’Unione Europea non ha nemmeno una natura sussidiaria, nonostante il Trattato di Maastricht contempli formalmente questa nozione che però esso intende
 a) come attribuzione dall’alto di funzioni decentrate,
b) come strumento funzionale per rendere più efficiente il sistema tramite la cosiddetta vicinanza al cittadino.
La sussidiarietà implica che sia chi aiuta il corpo sociale inferiore, sia chi pretende di avere spazi di autonomia dal corpo sociale superiore lo faccia in ossequio ad una finalità naturale da raggiungere e non per funzionalità pratica o per rispondere a dei desideri.

 Attualmente nessun documento fondativo dell’Unione Europea e nessuna prassi delle sue istituzioni fanno riferimento ad un ordine naturale finalistico. In moltissimi campi l’Unione Europea è al lavoro per contraddire gli elementi di ordine naturale finalistico, a cominciare dalla vita e dalla famiglia fino alle comunità locali e alle nazioni.

Ancor meno degli aspetti finora visti, il concetto di bene comune dell’Unione Europea rispetta il suo carattere verticale. Tuttalpiù l’Unione Europea può:
 a) considerare le religioni come fatto privato da bandire dalla pubblica piazza;
 b) considerare indifferentemente tutte le religioni come aventi un diritto pubblico. Nell’uno o nell’altro caso la ragione politica dell’Unione Europea ha dogmaticamente scelto l’indifferenza verso le religioni nel senso di non misurarsi con la “verità” o meno delle religioni.

Per la Dottrina sociale della Chiesa invece, il bene comune richiede non solo e non tanto una generica apertura gnostica al trascendente quanto un serio confronto con la verità delle religioni e quindi con la religio vera.

La collaborazione per il bene comune in Europa di individui, società e istituzioni è oggi molto difficile in quanto l’Unione Europea ha impostato se stessa su principi che pongono difficoltà molto serie a questa collaborazione.

L’Unione Europea è il primo finanziatore dell’aborto nel mondo, spinge perché gli Stati membri adottino legislazioni a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, la giurisprudenza europea stabilisce precedenti per le legislazioni nazionali nel sovvertimento del diritto naturale, le nazioni vengono considerate in senso prevalentemente folkloristico e la difesa delle identità culturali vituperata come nazionalismo, si va verso un globalismo europeo fatto indebitamente coincidere con la solidarietà tra i popoli europei… ecco alcuni esempi della difficoltà della suddetta collaborazione.

Circa i possibili sviluppi futuri vorrei segnalare qui tre semplici spunti:

Remi Brague dice che l’Europa non crede più in nulla. Il giudizio è attendibile e pone la domanda: perché dovremmo credere nell’Europa, se essa non crede più in nulla? Brague non dice Unione Europea, dice Europa. Se l’Unione Europea non crede più in nulla è perché l’Europa non crede più in nulla. Se è così, bisogna riprendere il discorso dall’Europa più che dall’Unione Europea, che ne seguirà di conseguenza.

L’Unione Europea in fondo ha accolto lo schema hobbesiano dello Stato moderno come Summum artificium e Grande Individuo. Per questo un eventuale sviluppo negli Stati Uniti d’Europa è da vedere con preoccupazione perché si collocherebbe in quello stesso schema.

Certamente un Parlamento che non può proporre leggi è una assurdità democratica e tutti notano un grande deficit di democrazia nell’Unione Europea, ma la soluzione non arriverà solo da “più democrazia” se si rimane dentro la concezione di democrazia propria del Manifesto di Ventotene e non in quella indicata dalla Dottrina sociale della Chiesa.

In conclusione, non c’è bisogno di “più Europa”, c’è bisogno di credere in qualcosa di più che l’Europa.


Stefano Fontana