Howard Zehr –
Eastern Mennonite University in Virginia (USA) – scrive da tempo sulla necessità che per la Giustizia il problema reato-pena vada visto attraverso ‘lenti’ diverse, con una differente ‘messa a fuoco’, insomma, che finalmente si pongano le '
persone umane e le loro relazioni al centro dell’attenzione'.
L’approccio restorative contesta all’attuale assetto dei sistemi penali occidentali un’eccessiva astrattezza, che porta a concepire il reato essenzialmente come ‘violazione di legge’, dalla quale discende una visione formalistica della pena stessa, definita come ‘conseguenza giuridica per la commissione di un reato’.
Per converso, l’approccio riparativo propone di considerare il reato come lesione alla persona e al tessuto di relazioni intersoggettive, dalla quale scaturisce, come obbligo fondamentale per l’offensore quello di porre rimedio – nei limiti del possibile – al danno commesso.
Tale rimedio va rivolto essenzialmente alla vittima, alla quale va data l’opportunità di partecipare in modo attivo alla definizione della pena.
Peraltro, anche all’offensore viene data l’opportunità di intervenire in modo propositivo in tale contesto, in modo da promuoverne una più consapevole responsabilizzazione e una partecipazione possibilmente costruttiva.
...approccio
restorative si è visto in
Sudafrica (le Commissioni Verità e Riconciliazione) ed in
Irlanda del Nord......
...l’elevata carica propositiva della
Restorative Justice fa leva sui valori del ‘rispetto’, ‘reciprocità’, ‘dialogo’ e ‘responsabilità’..., i quali rischiano di risultare 'vuoti', senza anima alcuna, se intesi in termini solamente nominali, procedurali...
...realizzare, davvero, in modo più compiuto quel ‘ritorno all’umano’ di cui tanto bisogno avverte la comunità sociale di tutti, nessuno escluso...
così al Congresso Mondiale tenutosi a Bilbao, sotto l’egida del Forum Europeo della Restorative Justice (17-19 giugno 2010), “