E’ in libreria per le Edizioni
Cantagalli il volumetto dal titolo “Laboratorio
Trieste. La formazione dei cattolici all’impegno sociale e politico”. Ne è
autore il vescovo di Trieste, Mons. Giampaolo Crepaldi. Si tratta del
testo-base del Laboratorio Trieste a cura della Diocesi e dell’Osservatorio
Internazionale Cardinale Van Thuân sulla dottrina sociale della Chiesa, di cui
Crepaldi è presidente.
Il testo verrà presentato al pubblico in giugno,
mentre l’attività vera e propria del Laboratorio Trieste partirà nel prossimo
autunno.
Mons. Vescovo Crepaldi risponde al prof. Stefano Fontana.
Perché lo ha chiamato
“Laboratorio”?
Perché è un tentativo nuovo e
perché, dopo averlo sperimentato a Trieste, potrebbe essere realizzato anche
altrove.
Come mai ha sentito la necessità
di scrivere un testo-base per il Laboratorio?
E’ una delle novità del progetto.
L’organicità degli interventi ha bisogno di un testo-base, ma soprattutto ne ha
bisogno la cattolicità del progetto. Il Vescovo esprime il suo compito di
confermare, educare e governare indicando autoritativamente il quadro in cui si
inserisce l’attività: le sue premesse, le sue finalità, le sue
caratteristiche. Altrimenti si fanno tante chiacchiere. Oggi nel mondo cattolico c’è una eccessiva pluralità di posizioni,
alcune delle quali sono illegittime. Il problema allora è di stabilire fin da
subito le premesse comuni derivanti dalla dottrina cattolica tradizionale che
non sono in discussione e dalle quali unanimemente si parte. Altrimenti non c’è
formazione cattolica.
Può fare un esempio di queste
premesse?
I principi non negoziabili e
soprattutto alcune premesse di base come la signoria di Cristo sulle realtà
temporali, senza della quale si separa inevitabilmente la politica dalla fede
cattolica.